Da sempre considerato un mercato di nicchia appannaggio di pochi addetti ai lavori, le materie prime sono oggi diventate tema di pubblico interesse. Durante la pandemia, l’intero comparto delle commodity – dagli acciai al rame, ai beni energetici – ha risentito dei massicci stimoli fiscali e monetari implementati per affrontare gli effetti recessivi dei lockdown. Con le politiche di transizione energetica, le major petrolifere e minerarie sono state poi sempre più disincentivate dall’intraprendere nuovi piani di sviluppo nel settore dei combustibili fossili. Non giova, inoltre, la competizione geostrategica tra Stati Uniti e Cina, le cui vittime eccellenti sono proprio quelle lunghe catene di fornitura su cui ha poggiato il processo di globalizzazione negli ultimi trent’anni. Il risultato è una tempesta perfetta: un cambio di paradigma per lo scenario economico, ora contraddistinto dal rincaro dei prezzi delle materie prime e da un generale aumento delle pressioni inflazionistiche. E se non si interverrà in tempo con delle politiche di deregulation mirate, il rischio che la vita di imprese e famiglie possa essere seriamente compromessa dalla riduzione rispettivamente di marginalità e potere di acquisto diverrà senz’altro concreto.