Dopo la fine della grande guerra, un ragazzo sale sul Monte Grappa, per ordine del padre, a recuperare rame, piombo, viveri in scatola; il proposito è quello di aiutare la famiglia in ristrettezze economiche, in realtà le “escursioni” del giovane recuperante sono un viaggio di maturazione che gli fa conoscere profondamente la vita. Il Grappa s’impone attraverso tutto il romanzo come un gigante inerme: come orizzonte della tradizione contadina comunitaria, arcadia dei malgari, poi come campo di battaglia dove i militari distruggono e uccidono. Quindi come immenso serbatoio di raccolta e recupero di materiali, presidiato dall’esercito italiano. Infine come Monte naturale al quale ritornano i gufi e i corvi reali dopo la bufera, e dove riprende la vita semplice e vera animata dallo sbocciare dei fiori di montagna. Paolo Malaguti segue il percorso di crescita del giovane recuperante: la presa di coscienza è spontanea, con gli occhi di un bambino che vede e suggerisce che il re è nudo; che non c’è gloria tra i caduti. Il romanzo, in prima persona, è di una bellezza narrativa sorprendente: piano e suggestivo, attraversato da riflessioni incisive, dal continuo inserirsi della parlata veneta. È poi romanzo comunitario di una terra e di una gente, ancora contadine, con personaggi di forte impatto come don Sante, la Cueatona e Moro Frun, e che riserva un posto privilegiato a Bassano, «la città dei signori e delle torri». Un’accattivante dolcezza femminile pervade Sul Grappa dopo la vittoria: nell’amore immaginifico del protagonista per Sant’Eulalia, la patrona del paese raffigurata in un quadro della pieve, poi nel delicato affetto per Caterina, della quale il ragazzo, corrisposto, si è innamorato perdutamente. Il libro, polifonico, dinamico e coinvolgente, che si conclude con la gioiosa volata in bicicletta lungo la Pedemontana del Grappa dei due “promessi sposi”, segnalò con sicurezza l’esordio di Paolo Malaguti.